rabbia dei bambini

La rabbia di Bibi

In seguito alla morte di mio padre, avvenuta il 17 dicembre 2015, il mio secondogenito Bibi ha attraversato un periodo di inattesa, esplosiva rabbia. Bibi aveva quasi quattro anni e ha dovuto metabolizzare eventi forse troppo grandi per la sua età.

Mio papà non era un nonno particolarmente presente, per motivi di lavoro. Lui però era il nonno che “faceva gli scherzi” e che portava i libricini alle feste di compleanno. Agli Omini piaceva, anche se lo vedevano poco.

Inoltre nonno G, così lo chiamano i bimbi, è stato in casa con noi per due mesi durante la malattia. Questo ha fatto sì che lo vedessero molto spesso nel periodo precedente la sua morte.

Non so tuttora se la rabbia che Bibi ha iniziato a manifestare nei mesi successivi dipendesse da una fase di crescita personale, dall’elaborazione dell’incomprensibile morte di una persona che fino a poco prima era presente, o dal gelo emotivo che mi circondava in quel periodo, privandomi di sorrisi, abbracci ed emozioni.

Il mio gelo emotivo

Forse Bibi mi ha sentita assente anche quando ero fisicamente presente o forse non ha capito l’accaduto e aveva paura. Forse tutte queste mie ipotesi si sono aggrovigliate in un cocktail micidiale, non adatto a un bimbo di tre anni.

Fatto sta che lui ha iniziato ad arrabbiarsi moltissimo. Si arrabbiava in casa, urlando e lanciando oggetti, colpendo la sorellina più grande o colpendo me, con sfoghi assolutamente scioccanti da parte di un bimbo normalmente molto pacato.

Questo periodo ha destabilizzato profondamente me e mio marito, increduli davanti a questi atteggiamenti.

In quel periodo ho letto libri e materiali online, e ho consultato una brava psicologa, che mi ha aiutato a livello pratico con piccoli ma utilissimi consigli.

Ora spero di esservi utile con un piccolo sunto di quello che ho imparato in quei mesi e voglio confortarvi sul fatto che:

1) sono riuscita pian piano a normalizzare la situazione, non tanto e non solo lavorando su Bibi, quanto lavorando moltissimo su ME STESSA, sul mio atteggiamento verso di lui, sulla mia freddezza dovuta a quel brutto periodo;

2) la rabbia deflagrante di Bibi si è risolta in qualche mese e lui è tornato il bimbo sereno e tranquillo che era, forse anche più sicuro di sé, più affettuoso ed empatico di prima.


I consigli che vi riporto sono solo alcuni di una lunga serie, ma non è questa la sede per scrivere un trattato sulla rabbia dei bambini. Confido però che vi siano utili per avere qualche spunto nel caso doveste inaspettatamente far fronte a episodi di rabbia, quando

1) restate basiti davanti a un atteggiamento imprevedibile;

2) non sapete cosa fare. E la confusione è un pessimo atteggiamento, quando i bimbi hanno bisogno di sicurezza e linee guida.

Considero questo post come un’arma di emergenza, per avere qualche minimo rudimento da seguire, mentre  cercate di studiare la situazione per poi capirla e gestirla.


La rabbia dei bambini: le prime cose da SAPERE

1 Riempirli d’amore

Se nell’organismo ci sono buoni livelli di serotonina, dopamina e ossitocina, sostanze chimiche prodotte dal cervello e chiamate complessivamente endorfine, lo stress è fortemente contrastato e il conflitto e l’aggressività non hanno terreno fertile su cui crescere.

È scientificamente provato che COCCOLE, SORRISI e PAROLE GENTILI innalzano i livelli di ossitocina. I bambini che si sentono amati, accolti e “guardati” hanno meno motivi per manifestare rabbia.

Loro vogliono essere GUARDATI.

2 Non avere timore di dire no, ma con calma

Contenere un bambino e porre dei paletti fa parte del nostro ruolo di genitori.

Nessuno di noi si diverte a sgridare il proprio figlio e a fare la parte del “cattivo”, ma le regole smentite, le punizioni promesse e poi non portate a termine trasmettono al bambino vulnerabilità. Mentre ciò che gli serve è sicurezza.

Quindi dobbiamo per forza fare gli antipaticoni ogni tanto e pronunciare, con calma e sangue freddo, un bel po’ di no. E dovremo ripetere quei no più volte, perché i bimbi, si sa, son de’ coccio.

3 Non identificare il bambino con l’emozione che esprime

Non dobbiamo MAI parlare del bimbo in questione come di un bimbo “rabbioso”, “aggressivo”, “sempre arrabbiato”. Il rischio è che il bimbo si identifichi con quel sentimento negativo, che invece piano piano deve imparare a conoscere e gestire.

Cerchiamo di parlare della rabbia come di un FATTORE ESTERNO al bambino, come di una signora che gli sta facendo visita per portare un messaggio.

4 Curare prima di tutto la nostra rabbia

È molto frequente che un bimbo esprima rabbia, per reagire a genitori molto arrabbiati. Io, dopo la morte di mio padre, ero molto arrabbiata, benché apparentemente apatica e gelata nel mio dolore. Non escludo che questo aspetto abbia contribuito alla rabbia di mio figlio.

5 Riprendere e consolidare la routine

Le routine che instauriamo nella quotidianità dei bambini piccoli hanno per loro un grande significato: la fiducia in una sequenza consolidata offre al bambino sicurezza e lo fa vivere più serenamente, economizzando le energie mentali.

6 Non esagerare con gli impegni

Un bambino, per essere sereno, ha bisogno di tempi vuoti, per gestire da solo il proprio tempo e trovarsi. Ha bisogno di confronto con la natura che, nei suoi eterogenei spettacoli, può svolgere la funzione di metafora dei propri sentimenti. Ha bisogno di teatrini in cui interpretare ruoli diversi, per comprendere punti di vista diversi.

Durante un tempo libero e non strutturato e incasellato in mille impegni, i piccoli possono assumere il ruolo di protagonisti del loro tempo e della loro vita.

Spesso i bambini troppo impegnati sono bambini stressati. E i bambini stressati non hanno spazio per esprimere la propria autonomia, non hanno tempo libero con i genitori per fare scorta di affetto e di endorfine, e si sentono soli. Questo stato d’animo crea terreno fertile per la rabbia.


La rabbia dei bambini: le prime cose da FARE

La rabbia è un ponte relazionale. Fa emergere emozioni che in quel momento non trovano altre strade per uscire e le veicola fino a noi genitori. Non è il modo migliore, forse, ma è il modo che i nostri bimbi hanno trovato, e noi dobbiamo ascoltare il messaggio.

Durante la crisi

ANon chiedere al bimbo di calmarsi, perché in quel momento è in uno stato di irrazionalità.

BNon urlare, né minacciare, né alterarsi, nè (MAI) colpirlo, perché servirebbe solo a gettare benzina sul fuoco.

CFare attenzione che il bimbo non si faccia male nello scoppio d’ira. Io usavo il “cuscino della rabbia” e lo offrivo a Bibi per sfogarsi con calci e pugni. Molti consigliano anche di gettarla sul solletico o sul gioco, ma con Bibi non ha mai funzionato, perché si offendeva e non si sentiva preso sul serio.

DSi può tentare di abbracciare il bambino, per contenerlo e calmarlo. Io dopo un po’ avevo imparato a capire il pianto di rabbia. Appena la nota evolveva in lamento, potevo abbracciarlo e  lui si calmava. Questo funziona solo se siete calmi e razionali. All’inizio non ci riuscivo affatto, ma man mano ho imparato a restare calma, perché finalmente sapevo cosa fare.

EGeneralmente il bimbo non va lasciato solo, perché si sente travolto da un’onda emozionale che da solo non è in grado di controllare. Ci si può allontanare però se il bambino stesso chiede di restare solo.

Dopo la crisi

Quando le acque si sono calmate, non bisogna fare finta di nulla. Ma cercare di capire – e aiutare il bimbo a capire – il perché di questa rabbia. Magari con un disegno o una rappresentazione teatrale sulla rabbia provata, o con un gioco volto a carpire informazioni preziose.

Si può anche leggere un libro sulla rabbia e, alla fine del post, vi consiglio qualche lettura.


Lo stress nei bambini: altri campanelli d’allarme

Alterazioni del sonno e delle abitudini alimentari, mal di pancia ricorrenti, raffreddori e stanchezza, mal di testa e tendenza al perfezionismo sono alcuni dei campanelli d’allarme a cui dobbiamo dare retta. Sono segnali di stress.

Il sonno ha un ampio range di significati emotivi. Il sonno è buio e separazione momentanea dai genitori. Risvegli, insonnia, incubi frequenti, ansia nel momento di andare a dormire vanno indagati.

Il rapporto con il cibo è anch’esso un potente indice di stati d’animo. Non riguarda solo il nutrimento, ma la crescita e l’autonomia, la sicurezza e il piacere.

Anche il rapporto con i compiti va osservato con un occhio di riguardo. Rifiuti momentanei o sbuffi saltuari sono normali, ma un rifiuto continuativo può essere un segnale da analizzare. Quando un bambino è impegnato in un pesante lavoro emotivo, avrà molta più difficoltà a destinare energie mentali e fisiche altrove. A compiti e sport, per esempio.


Non siamo genitori perfetti e si può riparare

Nessuno di noi è perfetto, né ci viene consegnato, insieme al neonato, un manuale d’istruzioni multilingue con garanzia biennale.

Siamo inoltre in un’epoca in cui la funzione materna prevale pesantemente su quella paterna. La funzione materna – che non necessariamente viene sempre svolta dalla madre – significa cura e protezione. Quella paterna – anch’essa non necessariamente caratteristica del padre – vuol dire apertura e accompagnamento verso il mondo esterno.

I genitori dovrebbero alternare entrambi le due funzioni, senza privilegiare l’una o l’altra.

La cosa positiva è che si può riparare agli errori. Anche noi grandi sbagliamo e dobbiamo avere il coraggio di dimostrare ai nostri figli che dagli errori si impara e che c’è sempre margine di miglioramento.


Le età della rabbia

È importante anche sottolineare che la rabbia ha un significato molto diverso in base all’età in cui si manifesta.

– Verso i 2/3 anni i capricci, che manifestano la rabbia dei bimbi piccoli, hanno la funzione di determinare una separazione tra il sé e l’altro. Il bimbo impara che è un individuo a sé stante, separato dalla mamma e dal papà.

Servono anche a testare il ruolo dei genitori. Il bambino ha bisogno di paletti e confini, per sentirsi sicuro.

– Verso i 4/5 anni, i bambini incontrano il mondo esterno. Cioè altri bimbi e altri adulti di riferimento. E la rabbia serve ora a definire reazioni proprie e altrui, e a testare la regolazione delle proprie emozioni.

Tra i 6 e gli 11 anni, la rabbia è un messaggio fondamentale, da non ignorare. Il bambino ci veicola un messaggio di disagio da cogliere e comprendere.

Tra i 12 e i 13 anni, la rabbia torna uno strumento di separazione dall’altro. Un allontanamento fisiologico ed evolutivo più marcato dagli adulti di riferimento.


I libri che vi consiglio

In quei mesi di lacrime e rabbia ho letto molto. Temevo che il mio dolore per la perdita di mio padre mi impedisse di capire e aiutare Bibi, che richiedeva con forza la presenza fisica ed emotiva della sua mamma.

La mia psicologa di riferimento, la bravissima Dr.ssa Laura Maniglio, mi ha aiutato a districarmi nel labirinto personale delle mie letture. Tra i molti libri su cui sono capitata, questi sono quelli che ho preso come riferimento:

 1 Lascia che si arrabbi, di Francesca Broccoli.

Molti dei ragionamenti di cui sopra derivano dal suo libro. Potete visitare, per informazioni, il suo sito.

In questo momento è in ristampa, ma potete trovare in formato Kindle:

2 The no-cry discipline solution, di Elizabeth Pantley.

Di questa autrice vi ho parlato in due post, perché è per me un grande riferimento educativo da parte non di una studiosa, ma di una brillante mamma di quattro figli. Ho diviso i suoi preziosi consigli sull’educazione in una prima parte e in una seconda parte.

3 Che rabbia! Di Mireille d’Allancé.

Questo è un libricino da leggere con il vostro bimbo. Bibi era molto attento quando leggevamo questo piccolo libro e guardava con interesse la rossa personificazione della rabbia.


Se siete arrivati fino a qui, vi ringrazio per la pazienza! Mi sono molto dilungata, ma avrei tanto voluto, quando brancolavo nel buio della mia ignoranza, che qualcuno mi raccontasse queste cose con un po’ di urgenza!

Tenevo molto a questo post.

La rabbia non è necessariamente una cosa brutta e cattiva. È solo un veicolo, importante e da ascoltare, di emozioni. Grazie a lei possiamo imparare molto, e migliorare come individui ed educatori.

4 comments on “La rabbia dei bambini: cosa sapere, come affrontarla, cosa leggere”

  1. Silvia, non ho letto tutto, sono le undici di sera e stramazzo. Quindi tornerò domattina. Perché anche se non hai scritto questo pezzo per “emozionarci” di poesia, sei riuscita (già da quello che vedo) a smussare le ombre della rabbia, la paura che ci fa, e a porgerla con saggezza e tante indicazioni che saranno utilissime anche a me. E questa, io credo, è un’altra forma di poesia. Infatti sono un pochettino commossa. ps: forse anche perché credo che imparare a gestire e comprendere la rabbia dei figli è un atto di amore supremo.

    • Ma ciao Maddalena! Mentre tu scrivevi a me, io non ti vedevo e scrivevo a te… su Facebook!
      Grazie per avere iniziato il mio polpettone, capisco che tu non l’abbia letto tutto.
      Spero che possa aiutare genitori che, com’è successo a me, si trovano spiazzati di fronte a questa potenza.
      Senza sapere che è un messaggio da cogliere e che il conflitto genera crisi, nel senso etimologico del termine.
      E poi, se ben gestito, porta a cambiamenti positivi. 🙂

  2. Grazie, Silvia. Alcune cose le ho scoperte per esperienza, tipo contenere il figlio o perfino abbracciarlo quando vorresti prenderlo a sberle. Molto dipende dall’età, come giustamente dici, sono tipi di rabbia diversi, e francamente a 8 anni del mio grande di abbracciarlo quando è rabbioso non mi passa neanche per la testa. Non ho avuto un lutto così vicino, un evento così duro e devastante sulla famiglia, immagino le vostre difficoltà. Sei stata meno chiusa e gelida di quanto ti definisci: aver chiesto aiuto è un segno di generosità, verso tutta la tua famiglia. E sei generosa oggi con questo articolo che ritengo molto prezioso. Quanto ai libri, il terzo lo conosco, è fantastico.

    • Grazie Maddalena!
      Il gelo era in me e il cervello andava a mille. Ero un robot efficientissimo.
      Il cuore invece era immobile, perché non poteva fare altro in quel momento.
      Ora col tempo è arrivato il disgelo. E piango per qualunque cosa!
      Meglio così.
      🙂

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