motivazione

L’ho capito, ormai, che non ci sono formule magiche. Che questa parolina che tanto ci ispira, la cosiddetta MOTIVAZIONE, è una bestiolina irrequieta, instabile, che più che a un hobby ballerino non può portarci.

Come ottenere davvero ciò che vogliamo, nella vita? La domanda delle domande. E forse, a quasi 43 anni, le mie risposte sono ancora poche, ma un pochino più chiare, mi piace pensare.

1 Non aspettare la motivazione, creala.

Ho creduto per anni che qualcosa mi piombasse sulla testa per passione, per vocazione, per motivazione. Sono tutte belle parole, ma non succedeva mica niente.

La motivazione c’è senz’altro, ma bisogna anche sceglierla, accompagnarla per mano e farne una routine. E non lo dico solo a te, ma prima di tutto a me stessa.

A me piace disegnare volti con la matita. Mi riesce molto bene. Ma è un hobbyno un po’ così, che salta fuori ogni tanto. Così mi dico caspita, brava: lo fai bene. E poi? E poi niente, poi se ne va di nuovo a riposare nel cassettino dei passatempi, tra forbici, nastrini e pennarelli.

Non è lavoro, né vocazione. È come un barattolino di glitter che mi dà gioia quando mi ricordo che esiste e decido di pasticciarlo un po’ per distrarmi.

La domanda quindi è: quali sono quelle due o tre cose – o quell’unica cosa – che ricorrono da sempre nella tua vita? Che non ti abbandonano mai, che spuntano fuori in ogni tuo ricordo, perché le fai da sempre. Non riesci a smettere di farle o l’universo in qualche modo te le ributta davanti a ondate, e tu puntualmente le raccogli. DA SEMPRE.

Ecco, quelle forse non sono domande, sono risposte. Ma la motivazione da sola non ti aiuterà, se non decidi di accoglierle con amore, di dare loro una chance. Se non accetti realmente che sono parte di te, punto.

Una volta compreso questo, non aspettiamo la motivazione, perché è labile, ormai lo so. Mettiamoci seduti qui dove siamo, in un momento tranquillo. Prendiamo carta e penna, o una nota del cellulare. Ricamiamoci sopra e cerchiamo di crearci intorno un piccolo piano di battaglia. Parole, ispirazioni, idee.

Magari sono bravissima a fare le torte. Ho esperienza nel campo, mi vengono sempre buone e se le sbafano tutti. Mi dà anche gioia preparare le torte. Lo faccio da sempre. Cosa posso fare di questo mio talento? Un blog sulle torte? Mettere su una piccola pasticceria? Scrivere un libro di ricette?

2 Quanto è davvero tuo, questo progetto?

Ma prima di tutto questo, prima di creare arditi piani di battaglia, fermiamoci ancora un attimo. Siamo proprio sicure che questo progetto sia nostro al 100%? Perché questa è una domanda importante.

Perché se fare torte è nel nostro DNA, ci è stato trasmesso dalla nostra famiglia ma anche noi lo amiamo davvero dal profondo del cuore, e ci dà gioia: sì, va bene. Questo progetto merita di essere vagliato e studiato. Merita di fare parte in modo più completo della nostra vita.

Se invece lo facciamo da sempre perché siamo state abituate così, perché rende felici solo gli altri ma per noi in fin dei conti è una barba, stop. Perché forse crediamo che faccia parte di noi, ma in realtà ci è stato imposto. E allora no, ferme, pensiamo a qualcosa di più autentico, di più nostro.

3 In quale misura la tua vocazione può essere utile agli altri?

Quando la vocazione è vera, dicono, significa che quella cosa lì è ciò che ha senso prima di tutto per noi stessi, ma anche – di conseguenza –  per tutto l’universo.

È qualcosa che, pare, ci viene così bene che il mondo ha proprio bisogno della nostra opera. Il nostro posto nel mondo, dicono. Che bellissimo pensiero. E a me, in questa mattina di sole di inizio luglio, piace proprio pensare che sia così.

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