Faccio le due di notte per guardare Grey’s Anatomy, senza orologio alla mano, senza pensare, come se non ci fosse un domani, perché tanto sono figlia.
Ma poi il domani arriva. E devo svegliarmi alle sette, preparare tutti, portarli a scuola, andare a lavorare. Perché sono mamma.

Adoro le liquirizie. Compro il sacchettino di sukai e i bottoni del prete, quelli alla violetta, e me li divoro, perché sono figlia.
Ma odio le caramelle, gli zuccheri raffinati e cariogeni, i coloranti, gli additivi e non compro caramelle ai miei figli. Tanto gliene arrivano da tutte le parti e io lo detesto. Perché sono mamma.

Faccio la doccia e butto per terra i vestiti, lancio scarpe, spargo calzini, perché sempre figlia mi sento, e una parte remota di me è certa che qualcuno passerà a raccogliere e sistemare.
Ma non succede. Torno sui miei passi, raccolgo scarpe, recupero calzini, metto su lavatrici. Perché sono mamma.

Non sempre rispetto le regole, non sempre le accetto di buon grado e mi diverte qualche volta fare esattamente quello che non dovrei. Perché sono figlia e me ne frego.
Poi creo regole antipatiche e irritanti vademecum, impartisco ordini fastidiosi, prometto punizioni. Perché sono mamma.

A volte spendo a sproposito, non posso negarlo. Bramo cose inutili, sperpero, venero Amazon Prime. Perché sono figlia.
Poi insegno ai miei figli a non sprecare e predico il risparmio e il valore dei soldi. Perché sono mamma.

Sono distratta, dimentico appuntamenti, arrivo in ritardo, invento frottole. Tanto sono figlia.
E poi insegno coerenza e puntualità, sincerità e attenzione. Perché sono mamma.

Forse è ora di crescere. Forse dovrei essere più responsabile e diventare più mamma.
O forse invece no.
Forse dovrei restare un po’ più figlia, a tratti.
E imparare a comprenderli di più.

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