la ragazza che ero

Quando ero molto più giovane e molto più single, e una delle mie più grandi preoccupazioni era quella di non avere un fidanzato, andavo al mare con mia mamma e suo marito.

Mi svegliavo in quella stretta stanzetta bianca e blu, con le reti da pesca sapientemente sistemate sulle pareti. Spalancavo gli occhi presto, per la luce e per il caldo, perché i condizionatori non li avevamo ancora comprati. Ah, e per il rumore dei motorini early-bird sull’Aurelia.

Mettevo a fuoco per un attimo conchiglie di varie dimensioni, piccoli barometri d’ottone, ceramiche e stelle marine, incastrate nelle maglie della rete color corda. Nelle orecchie avvertivo un misto di motori, il rumore tanto atteso delle onde, quello lontano e invitante delle tazzine da bar e dei piattini sbatacchiati sul bancone. E nelle narici si diffondeva un immaginario odore di caffè e cornetto.

Indugiavo, però, perché sono sempre stata un’abile dormitrice e un’imbattibile procrastinatrice.

Mi giravo verso il muro dunque, cercando angoli immaginari d’ombra in cui infilare il naso. Ero molto più brava a oziare, allora. Chiudevo gli occhi, strizzandoli un po’, per richiamare il dolce oblio del buio, che mi cullasse con amore. Ancora un pochino. Mi tiravo il lenzuolo sul naso, mi sistemavo il cuscino in faccia. E sentivo la mia mamma super mattiniera che già metteva su il caffè nella cucina adiacente.

Poi mi riaddormentavo con un mezzo sorriso, in quella serena consapevolezza di avere l’orologio totalmente dalla mia parte.

Quando schiudevo nuovamente gli occhi, era di solito l’alba delle dieci, nella migliore delle ipotesi. Quando, diciamo, decidevo di essere super mattiniera per svolgere con allegra pigrizia le mie mansioni estive.

Primo compito del mattino: verificare che la ceretta fosse svolta al meglio, e perfezionare eventualmente il lavoro.

Secondo: prova costume. Bikini e solo bikini, e salire sul lettone di mamma per poter giudicare la mia figura intera nello specchio dorato della camera principale.

Terzo: quale pareo? O vestitino svolazzante? Quali sandali per slanciare la figura?

Quarto: crema solare, da stendere con cura prima dell’esposizione solare. Una passata di mascara waterproof che mi sento più serena. Un velo di Labello sulle labbra.

Quinto: correre alla baracchetta sotto casa, perché alle undici magari mi hanno finito le brioches, i dannatissimi amanti del sole che sorge. E finalmente, cappuccino e brioche.

Sesto: edicola. Primo acquisto della stagione: Art & Décoration del mese corrente. Seguono Casa Facile, riviste di case varie ed eventuali, Cosmopolitan, con il solito titolone cubitale sul sesso. Che tanto in quel momento non praticavo, perché ero appunto molto single.

Settimo: mercato se era giovedì, altrimenti spiaggia.

Approdavo alla spiaggia con la bocca leggermente imbronciata, quella di chi per metà s’annoia, e per l’altra svolazza tra i fatti suoi, avvolta nel consueto manto di totale e incorreggibile distrazione.

Mi trascinavo dunque la sdraio sul bagnasciuga e mi sistemavo in mezzo alle mie letture estive, molto poco intellettuali.

Credevo di stufarmi. Mi annoiavo sul serio, probabilmente. Mi immaginavo case imperfette da rendere perfette e studiavo nel minimo dettaglio i vari tipi di abbigliamento e calzature che sarebbero state imperdibili l’autunno seguente.

Ora sono molto più completa, senza dubbio.

Oserei dire molto più felice, per alcuni versi. Il fidanzato ce l’ho. La casa imperfetta da rendere perfetta, pure. E anche farcita di Omini saltellosi che mi tengono estremamente impegnata.

Ma vorrei, ogni tanto, tornare un po’ quella ragazza. Quella ragazza in spiaggia con un broncio di circostanza, così assorta nei vitali dettagli della Moda Autunno-Inverno in arrivo.

Vorrei ogni tanto imparare di nuovo a sedermi lì, da sola, senza orologio. Senza lancette da fissare in continuazione. Senza eritemi solari, aggiungerei, visto che uno può desiderare il cavolo che gli pare, no?

Senza ansia. Senza fretta. Senza cellulite. Senza fame nervosa. Senza DEVO. Senza eccomi. Senza “Arrivo!”. Ma non per scontentezza, per lamentela, per infelicità, davvero.

Solo per respirare senza pensare.

Per cinque brevi, lunghissimi minuti.

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