Padre Ralph

Care mamme sognatrici,

qualche anno fa, in epoca pre-Ominica, me ne vado a zonzo per il Texas con minigonna di jeans, cappello da cow boy e aria sognante, fantasticando sulla mia carriera di attrice. Intanto mi capita di fare piccoli lavori, e per qualche tempo mi improvviso insegnante. Insegno italiano agli americani e inglese agli italiani.

Un mattino, mentre percorro con passo lento ed espressione competente i corridoi della TCU (Texas Christian University), rifletto sul fatto che dovrei comprarmi un paio di occhiali, magari con la montatura rettangolare, per immedesimarmi meglio nel ruolo di teacher. Proprio in quel momento mi chiama Camilla, la boss brasiliana che gestisce la scuola di lingue per cui lavoro, e mi supplica di accettare IMMEDIATAMENTE un nuovo lavoro: sarò l’insegnante di inglese di tale “padre I”, tutti i giorni, due ore al giorno. DAL GIORNO DOPO.

Il sacerdote deve imparare l’inglese con una certa urgenza, per accedere a cariche piuttosto elevate in aree riservate del Vaticano. Vi chiedo scusa, ma ovviamente non posso approfondire il delicatissimo argomento. Devo esimermi dal trattare la questione per due motivi:

1) se ora vi raccontassi i segreti del caro padre I, poi sarei costretta a uccidervi;

2) non ricordo nulla dei segreti del caro padre I. (Mi avranno fatto il lavaggio del cervello?)

Il giorno dopo sono molto stanca, viso pallido e occhi da panda. La notte prima non ho chiuso occhio, all’idea – insinuata dal mio protettivo genitore – che lo studente in questione sia un pazzo maniaco capitato a Fort Worth con lo scopo di irretire ignare insegnanti/attrici.

Mio papà si è ripetutamente raccomandato di non accettare niente da bere, né da mangiare. Il mio ex, Former, con cui vivo in epoca texana, ha aggiunto di tenere sempre a portata di mano una bomboletta di lacca o profumo e, al minimo sospetto, di spruzzarla negli occhi di padre I. Ripenso con nostalgia alla bomboletta spray tedesca per la difesa personale che mi aveva regalato zia Angela, requisita mesi prima all’aeroporto. Ma come fa una povera ragazza a difendersi?

Arrivo a casa di Mr R, una splendida villa in un quartiere residenziale a nord di Dallas. Mr R è originario di un piccolo paesino vicino Cosenza, e vive negli USA da quando è piccolo. Parla inglese e calabrese. Ha un aspetto estremamente gentile, ma vagamente mafioseggiante, e i suoi occhi guardano in due direzioni diverse.

È Mr R a ospitare padre I, un pretino apparentemente ingenuo e ridarolo. Ma fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, giusto? E soprattutto, c’è un elemento che desta in me dei sospetti: Camilla mi aveva detto che il prete era vecchio, ma non lo è. Quando, quel pomeriggio, le chiederò spiegazioni in merito, lei risponderà:

– Pensavo fosse vecchio, perché si fa chiamare “padre”. – Mh.

Devo stare molto attenta. Magari è un agente della CIA sotto copertura. Probabilmente un cecchino. Io sono verosimilmente una pedina, utile ai loro loschi propositi. Presumibilmente parleranno di me nelle loro conversazioni utilizzando un qualche codice. Che so, l’Italiana. L’English teacher. La colomba bianca. Insomma, entro in casa presentandomi con circospezione. Con sguardo severo biascico un malinconico Modugno scandaglio le pareti per scovare telecamere nascoste.

Dopo le presentazioni e qualche convenevole, mi accomodo a un grosso tavolo di legno massello con padre I. Devo stare all’erta, la situazione potrebbe rivelarsi rischiosa. E così è:

1) mi scappa la pipì, ma non oso chiedere di andare in bagno (e se ci fossero delle telecamere nascoste?) e RISCHIO di farmela addosso;

2) RISCHIO altresì di addormentarmi tre volte, perché mi offrono più volte un caffè che NON accetto;

3) sono disidrata a livello critico e le corde vocali sfrigolano l’una contro l’altra: RISCHIO seriamente un attacco di tosse secca. Ma non chiedo, per prudenza, dell’acqua. E se ci mettono dentro un qualche stupefacente?

4) A un tratto l’aria condizionata mi fa colare il naso copiosamente e mi servirebbe un fazzoletto. Ma è chiaro che non lo chiedo: e se me ne dessero uno imbevuto di cloroformio? Così mi pulisco il naso furtivamente con la manica, e RISCHIO di fare una figuraccia.

Finisce la lezione, saluto tutti e mi infilo in macchina con un sospiro di sollievo. Agente padre I è davvero bravo a recitare la parte del simpatico pretino di provincia, pare un don Camillo giovane e ingenuo. Mi ha anche confessato preoccupato che Dallas è evil, una città diabolica e tentatrice, piena di bellissime donne.

Quest’oggi dovrò rassicurare Former, che stamane era sicuro che padre I fosse una specie di Padre Ralph di Uccelli di Rovo e che tra noi sarebbe scoppiata la passione. Nel caso di proposte indecenti, mi ha detto in ogni caso di accettare, che magari, al solitario traguardo della sua vita di prete, potrebbe lasciare a me una cospicua eredità.

Apro il finestrino e respiro l’aria calda e asciutta del Texas. E intanto medito. E se padre Ignazio mi avesse messo addosso una cimice? E se avessi un ordigno attaccato col vinavil sotto alla macchina? E se mi stessero pedinando?

Ma voi ci siete mai finite in una casa di agenti segreti?

2 comments on “Italiani in Texas: io e padre Ralph”

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