Che poi il mio viaggio più grande, alla fine, siete voi.
Il viaggio più duro e impegnativo, a volte. Come in quei giorni di temporale, quando i capricci sembrano non finire mai, quando i litigi sono la vostra primaria attività, quando mi sembra che non sentiate una parola di tutte quelle che meticolosamente metto in fila per tirare fuori il meglio di voi.
Quando mi sento una pessima madre, perché non gioco abbastanza, perché sbuffo quando mi chiamate per la milionesima volta in cinque minuti, perché vorrei più tempo per me. E quando la sera poi piagnucolo, perché mi accorgo che i vostri pantaloni, a settembre, si sono accorciati insieme alle giornate d’autunno.
Siete il viaggio per cui incoscientemente sono partita, a cuor leggero, con pensieri tondi e perfetti come la mia pancia che cresceva. Lo stesso viaggio in cui ora, molto spesso, inciampo nelle stradine tortuose, annaspo, non mi sento all’altezza.
Chi lo sa, poi, se di questo itinerario sto affrontando le tappe nel migliore dei modi. Se sono una viaggiatrice sufficiente, mediocre, decente. Io che scrivo di voi, del mio grande amore, ma mi domando se davvero ve lo dimostro fino in fondo.
Se capite che dietro ai NO c’è amore, che c’è amore nel mettervi in castigo, che c’è amore nel perdere tempo a cucinare, a correre e a rincorrere un ordine utopico. Invece che passare la giornata semplicemente a guardarvi, a ridere e a giocare.
Chi lo sa se il mio bagaglio, che ritenevo più che sufficiente prima di incontrarvi nella realtà, è davvero adeguato a essere la madre che vorrei. Forse dovevo sborsare qualche chilo di eccedenza sul trolley da imbarcare, per essere certa di portare abbastanza con me.
Abbastanza pappe, creme, amore, pazienza, ragionevolezza, tutto ben imbustato con vestiti, calzine e scarpine.
Io che credevo che avremmo sempre riso tanto, giocato tanto. E che Mary Poppins sarebbe passata da me a dare una mano, un po’ di zucchero per indorare le pillole, e a mettere in ordine casa al posto mio, forse.
Io che immaginavo candidi mulini a vento, e Banderas che mi portava le uova fresche della gallina Rosita per preparare torte e biscotti.
A volte è tanto difficile. Mi devo guadagnare ogni passo, anche quando il sentiero è scivoloso, fingendo davanti al mondo e davanti a voi che so che cosa fare. A volte piango.
Ma poi succede qualcosa. Succede poi, che quando mi sembra di non farcela, di non essere capace, di sbagliare tutto, ecco, è lì che arrivate voi. Con quei musetti di pane e marmellata. Bastate voi. Nel vostro dimenticare il litigio, il castigo, il broncio del giorno prima. Nella meraviglia bambinesca di non conoscere rancore.
Perché insieme possiamo attraversare tempeste, tornado, burroni. Notti buie e lunghe. Capricci e urla.
Ma quando al mattino aprite gli occhi, per voi è di nuovo l’inizio di tutto. Per voi il buio non esiste, il rancore non ha significato, IERI non c’è più. Io sono io e voi siete con me.
Colazione, zainetto in spalla e riprendiamo a camminare. Davanti a noi l’alba fresca e rosata. E tutte le possibilità del mondo tra le dita.